Etichette indipendenti: work in progress
Panorama, LabelsUna serie di articoli per tentare di mettere in luce una cultura tanto dinamica quanto complessa
Tentare di fare il punto sulla situazione delle etichette indipendenti in Svizzera. Percepire che dietro il termine in quanto tale si cela essenzialmente il diminutivo «indé» per i francofoni, «indie» per tutti gli altri, e che si tratta non tanto di un tipo di struttura quanto piuttosto di una vera e propria cultura, la cui storia, talvolta affascinante, non sembra scritta da nessuna parte e si trasmette a viva voce. Avere quindi incontri con una moltitudine di persone, per forza di cose non esaustivi visto il gran numero di attrici e attori che operano sul nostro pur piccolo territorio. Tentare, insieme, di discutere delle grandi sfide economiche, artistiche e sociali, dei numerosi problemi ma anche delle soluzioni che affiorano in un mercato musicale globale in cui tutto procede a grande velocità, e, più in particolare, di misurarsi con le poste in gioco di un settore immensamente creativo e dinamico, diviso da forti barriere linguistiche.
Cercare di fare una sintesi di questa «scena», in cui coesistono passione (per non dire devozione), velleità imprenditoriali e un profondo disinteresse per gli aspetti materiali, e che, in ultima analisi, si caratterizza per un’estrema diversità di forme di funzionamento e punti di vista, è un compito perlomeno rischioso.
Per iniziare da qualche parte, è stato necessario compiere delle scelte, Quella, innanzitutto, di condurre una sorta di inchiesta sul campo. Di dare innanzitutto ascolto alle donne e agli uomini che fanno musica, ossia musicisti, discografici e distributori (spesso le tre cose insieme), a seconda delle contingenze, delle affinità, dell’agenda e talvolta, va detto, affidandosi al caso. Ecco dunque i primi articoli di un «tema» che potrà, dovrà, arricchirsi regolarmente al fine di diventare, alla lunga, quel quadro d’insieme che intende essere.